Interim Management
 

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Temporary Management 

[ Abstract da   Fattiperl'impresa (Giugno 2005): mensile di informazione on-line ]

 

Il Temporary Management e la figura professionale del Temporary Manager: intervista a Oscar Pallme.

 

Ci sono dati sull’impiego del temporary manager, in Italia e altrove, anche in relazione alla tipologie più richieste? 

Il TM compare in Italia intorno al 1987 ad opera di due personaggi, Angelo Vergani ed Albino Collini, che seguendo strade diverse hanno sviluppato questo servizio ed oggi sono CEO di due importanti società di TM. Nei 15 anni della sua esistenza in Italia, il Temporary Management (TM) è progressivamente cresciuto, ma non è esploso come in altri paesi europei, tipo Olanda o Regno Unito, Tanto che sono solo quattro le società che trattano quasi esclusivamente "Manager a progetto" (T-Manager), mentre crescono le società di consulenza e i cacciatori di teste che offrono anche T-Manager. 

In Gran Bretagna, il TM è stato importato dagli Usa nei primi anni ’80: alcuni grandi gruppi industriali decisero di aiutare i loro manager in mobilità, creando le condizioni minime indispensabili per aiutarli a riconvertirsi in T-Manager e trovare i primi progetti. Invece, nei Paesi Bassi, questo servizio era già apparso verso la metà degli anni ’70. I paesi in cui il TM è più sviluppato sono la GB ed i paesi del centro-nord Europa. 

Si può quantificare il tempo di durata media di un manager “in affitto”? 

E’ bene precisare che non è il tempo la variabile principale che caratterizza il T-Manager, perchè la funzione di riempimento di un vuoto non è l’unica nè la più qualificante: un T-Manager qualificato trasferisce valore all’azienda soprattutto quando è incaricato di gestisce progetti di innovazione e cambiamento. Pertanto, la durata varia da progetto a progetto. Si passa da minimo sei mesi nel caso di un intervento “sostitutivo” per tamponare una “vacancy” in un’area specifica, a circa tre anni nel caso di progetti impegnativi di riorganizzazione e/o di transizione (crescita, innovazione tecnologica, new business, start-up, fusioni & acquisizioni, riorganizzazioni, spinn-off, passaggio generazionale, ecc.). 

Come può essere quantificato il risparmio per un’azienda? 

La valutazione del progetto va effettuata non quantificando il risparmio, ma considerandolo un investimento e, pertanto, analizzando sia il ROI sia il costo del non-investimento. Si tratta di un approccio mentale innovativo ed importante. La domanda che l’imprenditore deve incominciare a porsi è “quanto mi costa il non investire nel progetto ?”: il costo si può esprime in perdita di quote di mercato, ritardo nell’assumere e implementare decisioni strategiche, riduzione dei vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti, riduzione degli utili o aumento delle perdite, ecc. 

In quali situazioni, secondo la sua opinione, è preferibile ricorrere al manager a tempo da parte di un’azienda e in quali invece può essere rischioso ? 

Si ricorre a un T-Manager quando manca un manager interno, sufficientemente esperto e/o motivato, libero da altri incarichi, in grado di svolgere un progetto e/o ricoprire una funzione per un tempo ben predeterminato. Il vantaggio è che si tratta di un professionista (manager a progetto) a cui l’azienda può ricorrere per sviluppare anche un solo progetto specifico e quindi solo nel periodo di tempo necessario a implementarlo; realizzato il progetto il T-Manager lascia l’azienda, garantendo la continuità nella gestione, lavorando di fatto per diventare inutile. Vi sono diverse figure di T-Manager in funzione del servizio richiesto: 

  1. “TOP” T.M. aziendale (o di gruppo): è richiesto quando l’azienda o il gruppo si trova in una “situazione impellente di cambiamento”. Assume la posizione di Amministratore Delegato o Direttore Generale. 

  2. T.M. di funzione o BU: Situazioni di cambiamento “solo” in una funzione o in una unità operativa (es.: ICT, Mktg & Vendite, Produz., Logistica, B.U., Stabilimenti, ecc.). 

  3. T.M. “sostitutivo” di posizioni aziendali: Non vi è una vera situazione di cambiamento, ma solo la necessità di tamponare una “vacancy” in una delle posizioni aziendali (ICT, Marketing, Produz., Logistica, ecc.) 

  4. T.M. “tutor”: - affianca uno o più manager interni all’azienda con l’obiettivo di accrescere la loro cultura ed abilità manageriale - affianca l’imprenditore per facilitare l’inserimento in azienda del figlio (dell’imprenditore) e fargli acquisire una cultura manageriale adeguata 

Le situazioni rischiose possono sintetizzarsi nei seguenti casi: 

  1. Disaccordi pre-esistenti (irrisolti) tra Presidente/AD e Direttore Generale 

  2. Disaccordi pre-esistenti (irrisolti) tra Top-management e responsabili di linea 

  3. Il Top-management sponsorizza solo a parole il progetto, ma non nei fatti : 
    3.1) Non crede nel progetto. Il progetto viene ritenuto necessario e sponsorizzato solo da un livello inferiore al Top-management, dal commercialista, ecc. 
    3.2) Ritiene che il successo del progetto sia solo un problema del T-Manager 
    3.3) Ritiene che i cambiamenti (miglioramenti) si possano ottenere senza sacrifici e modifiche nel modo di lavorare 

Quali attitudini particolari dovrebbe avere un temporary manager? 

I progetti di TM possono essere vari e i profili dei T-Manager variano in funzione del progetto, della mentalità dell'imprenditore e/o del management aziendale, della Soc. di TM o di consulenza che gestisce il progetto, dell'influenzatore occulto (che consiglia il decisore aziendale), ecc. In generale, un forte orientamento alla gestione di tipo straordinario per progetto e non la temporaneità caratterizzano l’attività del T-Manager. 

Gli interventi possono riguardare situazioni di crisi oppure la gestione di fasi di transizione (crescita, innovazione tecnologica, new business, start-up, fusioni & acquisizioni, riorganizzazioni, spinn-off, passaggio generazionale, ecc.). Pertanto, i T-Manager devono essere in grado di analizzare criticamente le situazioni, prendere decisioni, pianificare ed agire. Tali caratteristiche sono, o dovrebbero essere, tipiche di tutti i manager, ma in un progetto di TM sono ingigantite se non esasperate. Quindi il T-Manager è sostanzialmente un “Innovation Manager”, un "Change Manager" o un “Turn-around Manager” come vengono definiti in USA 

Il T-Manager deve essere estremamente "flessibile" per potersi adattare velocemente alle varie situazioni aziendali che di volta in volta gli si presentano. Deve sapersi relazionare molto bene per coinvolgere le risorse aziendali nel "progetto". Inoltre, deve essere svincolato dal concetto tradizionale di "carriera": la sua è una "carriera"’ legata al successo dei progetti, è quindi una carriera esclusivamente meritocratica e non burocratica. 

Un aspirante T-Manager deve innanzitutto porsi alcuni quesiti: sono disposto ad operare per progetti e cambiare continuamente ? Sono disposto a rischiare ? Sono capace di comunicare ? Certamente si tratta di una professione molto interessante, ma non è adatta a tutti. Non è adatta a chi non ama il rischio, non sa essere imprenditore di se stesso, e soprattutto non ha la consapevolezza dei propri limiti. Inoltre, è necessario che il T-Manager abbia una significativa capacità manageriale. 

Che garanzie reali può dare, sul piano operativo, un manager senza una valida e concreta “esperienza di lungo periodo” sul campo? Stiamo andando sempre di più verso il dominio della teoria, della conoscenza virtuale? 

Alla base del profilo di un manager “valido” è sempre necessaria una elevata competenza "manageriale" che in alcuni è innata, in altri è acquisita sul campo in anni di lavoro. Sono a conoscenza di alcuni Top-manager oggi ai vertici di importanti gruppi quotati in borsa che hanno raggiunto la posizione di Direttore Centrale di primarie aziende (non di famiglia) entri i loro primi 30 anni, avendo alle spalle come esperienza regressa solo quella in società di consulenza. Conosco una giovane T-Manager (34 anni), con 10 anni di esperienze sia in azienda sia in una società di consulenza importante, che ha svolto tre progetti di TM (2 di start-up e 1 di riorganizzazione interna e riposizionamento sul mercato). 
Questi sono esempi di competenze innate, abbinate a conoscenze metodologiche ed esperienze in progetti di consulenza. 

Invece, se consideriamo i casi di alcuni gruppi italiani caratterizzati da scandali finanziari o da crisi periodiche, ricorrenti almeno dagli anni ’70, potremmo accorgerci che i loro manager avevano fatto esperienze prevalentemente sul campo ed operavano in maniera reattiva, reagendo agli eventi solo dopo che questi erano già entrati in collisione con il sistema Azienda. Tutto ciò dimostra che l’esperienza sul campo, se fatta solo rincorrendo il day-by-day o peggio aspettando gli input dall’alto, quasi mai apporta al manager valore e crescita professionale orientata alla proattività e alla propositività ma, nella migliore delle ipotesi, solo capacità di risolvere problemi burocratici in maniera reattiva. 

Avere un "approccio proattivo" significa saper riorganizzare l’azienda sia dal punto di vista tecnologico che delle metodologie e soprattutto delle risorse umane, in modo che il sistema Azienda sia in grado di percepire anticipatamente le tendenze ed i cambiamenti futuri per pianificare le azioni opportune in tempo. 

Può proporre una case history relativa a un caso di successo? 

Esistono casi sia di grandi aziende sia di PMI. Esempi sono nei settori: chimico, agroalimentare, siderurgico, auto, componentistica, macchinari, abbigliamento, grande distribuzione, ecc. Sarebbe troppo lungo entrare in dettaglio anche in uno solo di questi casi, pertanto preferisco sintetizzare come si sviluppa un intervento di TM: 

  1. Analisi e diagnosi del problema (check-up) 

  2. Stesura del piano operativo, discussione ed accettazione (da parte proprietà) 

  3. Assunzione da parte del T-Manager delle responsabilità gestionali. Il T-Manager può avere la responsabilità totale della gestione, o può affiancare l'imprenditore nello svolgimento dell'attività di direzione. In ogni caso, lavora sempre in piena integrazione col management aziendale. 

  4. Individuazione del successore ed affiancamento 

  5. Passaggio delle consegne ed uscita del T-Manager 

Si noti che Manager interno, T-Manager e consulente di management sono tre attori a supporto del successo delle aziende. 

Inoltre, T-Manager e consulente di management non sono due figure alternative, sono semplicemente due approcci diversi. Entrambi operano per aiutare le aziende ad affrontare il cambiamento: si ricorre al T-Manager solo quando l’azienda è carente di manager, sufficientemente esperti e/o motivati, in grado di gestire il progetto. 

E' indispensabile al proposito chiarire come consulenza e temporary management dìfferiscano per un fatto fondamentale: il T-Manager possiede tutte le deleghe operative per gestire l'azienda o parte di essa, il consulente è solo un consigliere dei manager interni. In alcuni casi, soprattutto nelle PMI, l'intervento del T-Manager segue quello di un consulente che ha individuato una serie di attività da intraprendere per raggiungere l'obiettivo: in questo caso il T-Manager è colui che realizza quanto suggerito dal consulente. Naturalmente, prima di diventare operativo, è consigliabile che il T-Manager effettui un suo check-up della situazione aziendale e stenda il suo piano operativo che va sottoposto all’approvazione della proprietà. 

Esistono associazioni di riferimento per i T-Manager? 

Premesso che il T-Manager è innanzitutto un MANAGER “proattivo” che gestisce l’introduzione dell’innovazione e la fase di discontinuità nelle imprese, le associazioni di riferimento sono sia quelle relative alle problematiche di management sia quelle focalizzate sul TM. 

Tra le prime cito 

Per quanto riguarda le associazioni focalizzate sul TM, esistono i chapter italiani di due associazioni internazionali che hanno un processo di qualificazione per T-Manager strutturato e riconosciuto a livello internazionale: sono l’Institute of Interim Management (www.ioim.it) e il Turnaround Management Association (web: www.turnaround.org; e-mail: italychapter@turnaround.org). Esiste anche un’altra associazione, ATEMA (www.atema.net), presente solo in Italia che ha come obiettivo la promozione del Temporary Management ed organizza un corso introduttivo. 

Inoltre, è da segnalare anche ISTUD (www.istud.it), Istituto Studi Direzionali, che organizza l’Executive Temporary Management Programme con la partnership della Rotterdam Business School, prima istituzione europea ad aver lanciato un percorso di formazione per T-Manager. 

Come si colloca il Temporary Management rispetto alle professioni emergenti? Come si colloca rispetto alle PMI? 

Esiste una Proposta di Legge (PdL) che prevede agevolazioni (fiscali e contributive) per le PMI che utilizzano professionisti (sia Temporary Manager sia Consulenti di direzione), definiti facilitatori, ai fini dell’introduzione dell’innovazione e/o del passaggio generazionale. Questa iniziativa parlamentare, cui ho collaborato con alcuni input, è stata presentata dall’On.le Lettieri (Segretario Commissione Finanze della Camera) il 12 novembre 2004: "Agevolazioni fiscali per l'assunzione di "temporary manager" nelle piccole e medie imprese" (5421). Il testo è scaricabile alla pagina web http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/pdf/14PDL0068430.pdf 

Si tratta di un primo passo importante per agevolare l’introduzione dell’innovazione e aumentare il livello manageriale nelle PMI, ma è necessario che i facilitatori siano professionisti qualificati dotati di una mentalità proattiva, capaci di siluppare strategie innovative e vincenti in un mercato sempre più globale e dinamico. A tale scopo insieme ad un Network di Professionisti sto sviluppando alcuni corsi (Il manager proattivo, Innovazione per il rilancio delle imprese, ecc.) orientati ad imprenditori, manager e consulenti per sviluppare ulteriormente le loro competenze in linea con le necessità di una competizione globale crescente.

 

[ Top ] Per maggiori informazioni sul tema contattare: Oscar Pallme *   www.pallme.com

 

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