Scenari & Mercati


Più 'Intelligence' per la ripresa industriale

[ Abstract da pag. 28-33+71 di  ZeroUno-Mondadori  (Febbraio 2004) ]

 

Una strada per permettere al nostro sistema produttivo di reagire con vitalità all'attuale momento di crisi è quella di definire strategie e piani operativi in base a precise informazioni ottenute analizzando il patrimonio di dati esistenti. Cioè, fare della Business Intelligence il metodo di lavoro dell'impresa. 
Un'idea che come mostra un'indagine svolta allo scopo, i nostri manager hanno già colto e che cercano di porre in atto.

 

Le imprese manifatturiere italiane stanno vivendo un momento di grande difficoltà che comporta da un lato operazioni tese a ridurre i costi e razionalizzare le strutture e dall'altro un forte rallentamento degli investimenti. Quest'ultimo punto è confermato da un sondaggio recentemente effettuato dalla Banca d'Italia su aziende con più di 50 addetti, che rileva una contrazione degli investimenti sia nel 2002 che nel 2003. L'aumento dell'incertezza, la stagnazione della domanda interna e gli ostacoli di natura finanziaria sono i principali motivi che hanno indotto il 25% delle aziende intervistate a ridurre nel 2002 gli investimenti rispetto a quanto programmato. E sono ancora di più (il 28,7% del campione) quelle che si stimano abbiano ridotto gli investimenti nel 2003. 

Secondo Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, quello che rende ancora più critico lo scenario è il fatto che il sistema impresa italiano è afflitto da difficoltà più strutturali che congiunturali. Infatti, al di là della crisi del momento, vi è una propensione ad investire in innovazione, ma non sempre con risultati soddisfacenti. 

Le traiettorie innovative delle imprese si sviluppano lungo tre linee guida: miglioramento dell'efficienza interna e riduzione costi; estensione del concetto di azienda estesa tipica della Grande Impresa che si sta sviluppando anche nella Media Impresa con la delocalizzazione della funzione produttiva (indicativo del fenomenoè il fatto che l'Unione Industriali di Treviso ha organizzato la sua ultima assemblea in Romania !); miglioramento dell'efficacia delle azioni condotte (subordinato al raggiungimento degli obiettivi nelle altre due linee guida). 

Tutto ciò ci fa capire come sia le Grandi che le Medie Imprese siano in presenza di una complessità organizzativa e gestionale crescente in cui le tecnologie informatiche (IT) hanno un ruolo rilevante, se non fondamentale. Purtroppo, nella grande maggioranza dei casi, le imprese non investono in IT seguendo un piano strategico che, in risposta alle necessità delle varie aree funzionali, preveda soluzioni integrabili, anche se (per motivi economici) implementate in un certo arco di tempo. La regola è invece quella di soluzioni isolate per problemi relativi ad aree specifiche, con bassa possibilità di integrazione tra loro e, quindi difficoltà nel realizzare una infrastruttura applicativa che si possa configurare come un vero supporto della gestione complessiva dell'impresa estesa. 

Questo tipo di sviluppo, unito a un significativo livello di obsolescenza del parco applicativo,con un peso molto consistente di sistemi legacy, pone le nostre imprese in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi industrializzati e le costringe, per reggere la competizione, ad investire sia per rinnovare il parco applicativo che per sviluppare l'integrazione delle varie aree. 

Un'indagine mirata 
In questo scenario si colloca l'indagine che NetConsulting ha condotto per conto di SAS allo scopo di indagare percezione e ruolo della Business Intelligence (BI) presso le aziende manufatturiere italiane. Sono state coinvolte circa sessanta aziende, con interviste sia a Top Manager e responsabili di funzione (67% dei casi), ma anche a CIO e responsabili dei sistemi informativi (33%). Il panel non rappresenta l'universo delle aziende manufatturiere in quanto non si è voluto dare all'indagine una connotazione quantitativa ma solo qualitativa, per verificare la portata del fenomeno e rilevare i comportamenti ricorrenti. 

Tra le informazioni attese dalle soluzioni di BI, le più impèortanti per il business sono, per gli intervistati quelle sui clienti. Seguono a ruota da quelle di tipo amministrativo e finanziario, quelle sulle vendite e gli indici economici relativi all'andamento dell'attività. 

L'area commerciale (Marketing & Vendite), è quella in cui il Top Management avverte maggiormente l'esigenza di soluzioni di BI, risultando inadeguata la qualità delle informazioni disponibili. Da notare come le informazioni relative ai Sistemi Informativi siano viste come inadeguate, un problema per un'area che dovrebbe essere il sistema nervoso dell'impresa. 

In realtà, i miglioramenti attesi sono sostanzialmente relativi al modo in cui le informazioni devono essere assemblate e presentate all'utente. Sono richiesti reporting più precisi e più frequenti, nonchè una maggiore velocità nel trovare le informazioni che soddisfino richieste spot. In conclusione, si richiede alle soluzioni di BI, oggi maggiormente utilizzate nell'area Amministrativa, molto meno in quella Marketing & Vendite ed ancora ameno nei SI, di rendere più efficienti ed efficaci i flussi informativi, in conseguenza del ruolo sempre più strategico assunto dalle informazioni nella gestione dell'azienda. 

Quasi il 66% delle aziende intervistate ha in programma, o ha già in corso, progetti di BI in tutte le differenti aree aziendali con una particolare concentrazione nell'area Marketing e Vendite. Risulta meno pressante l'esigenza di soluzioni di data warehousing con progetti in corso nel 17,1% delle aziende intervistate e pianificati nel 14,6%. 

Da notare che la domanda di BI si concretizza soprattutto (con progetti in corso e in previsione), nelle grandi aziende. In pratica circa l'80% delle aziende con più di 500 addetti intervistate prevede di implementare soluzioni di BI.

Sta emergendo, anche, una forte domanda di integrazione tra aree funzionali che si trasforma in una domanda di integrazione tra applicativi. Si assiste a una crescente pervasività di BI in tutte le aree aziendali ed al nascere delle condizioni per passare dalle isole separate alla piattaforma applicativa integrata in grado di realizzare una struttura di governance.

Secondo Capitani, questo processo -attualmente ancora allo stato embrionale- si svilupperà in modo tale da facilitare la nascita di un'azienda in cui l'informazione è al centro del sistema e la BI diventa la meta-applicazione che utilizza tutte le informazioni rese disponibili da applicazioni di CRM, SCM, Enterprise Portal (EP), Data warehouse (DW). Così la BI finirà anche per strutturare intorno a se queste filiere applicative innescando il processo per il passaggio dall'eterogeneità delle informazioni presenti in azienda alla loro omogeneità. 

Le aziende italiane stanno scoprendo ricche di informazioni latenti che cercano di fare emergere passando da una situazione in cui i vari dipartimenti funzionali sono dei serbatoi isolati di informazioni destrutturate ad una in cui le informazioni diventano più strutturate ed integrate. 

Le aziende incominciano a scoprire il valore dell'informazione integrata. Ne è un esempio l'evoluzione del CRM che passa da soluzioni "call-center oriented", dove attraverso il contatto con il cliente e si acquisiscono informazioni generiche, ad un CRM "analitico" che dall'analisi di tali informazioni permette di definire il profilo di ciascun cliente al fine di sviluppare azioni mirate. 

Se questo è il trend evolutivo, si può dedurre che esiste una domanda forte per soluzioni di BI. E infatti, nel 2001 il mercato italiano di prodotti e soluzioni di Business Intelligence e Data warehousing ha registrato una crescita pari al 15,2%, superiore a quella del mercato software totale (+13,8%), attestandosi su un valore che NetConsulting stima pari a 355 Mln di euro. Nel 2002, nonostante si sia avuto un rallentamento rispetto all'anno precedente, si è registrato un aumento del 12,6%, un tasso di crescita ben superiore a quello del comprato software e dei servizi e che denota la marcata attenzione verso la BI da parte della domanda. 

Un altro sintomo, meno evidente dei dati numerici, ma non meno significativo viene dal peso crescente dei responsabili di funzione nel decidere (in genere decisi dall?IT o dal Top management), e dal fatto che questi progetti nel 26% dei casi vengono allocati ai loro budget. Secondo NetConsulting, questo è un ulteriore segno di come la BI non sia più vista come una questione "puramente" tecnologica ma uno strumento che coinvolge e apporta cambiamenti culturali in tutte le principali aree aziendali.

La crescita dei vendor
Da questa rivalutazione strategica della BI nei confronti dell'intera impresa dipende una parallela rivalutazione dei vendor. Il costo della soluzione non sarà più un elemento discriminante, ma si chiederà al fornitore di affiancare all'indispensabile know-how tecnologico la capacità di ampliare le funzionalità delle soluzioni, di avere un approccio verticale per settore, di gestire una relazione stabile e continuativa con l'azienda utente. 

A questo riguardo una forte preoccupazione dei decisori aziendali è "quanto a lungo i fornitori dureranno nel tempo?". Tuttavia, dall'indagine risulta che la valutazione media da parte utenti dei fornitori di BI è molto alta, sicuramente molto più elevata della media dei vendor IT.

Se cambiano i fornitori, cambia anche il CIO. Nelle aziende più avanzate la sua figura sta evolvendo da Chief Information a Chief Innovation Officer con un posto nell'executive board e un ruolo di validatore per l'innovazione in senso lato. Al nuovo CIO si richiede una visione 'business oriented' dell'azienda e di mettere l'ICT al servizio della soluzione del progetto. Anche la sua provenienza sta cambiando: siamo passati da CIO aventi background solo tecnologico a figure con background prevalentemente business. In alcuni casi si tratta di ex consulenti, in altri di manager con estrazione non informatica. 

I costi del non investimento 
Volendo trarre una conclusione della ricerca, Capitani afferma che appare evidente come le aziende manifatturiere abbiano compreso come una gestione inefficiente dei informazioni si traduca in una perdita di vantaggio competitivo e quanto sia importante impiegare degli strumenti che consentano di trasformare il vasto patrimonio di dati a loro disposizione in informazioni organizzate. Che sono la base di partenza per una corretta definizione delle strategie d'impresa. 

Riguardo la valutazione dell'investimento in BI, gli utenti incominciano a ragionare non più in termini di ritorno dell'investimento, ma in termini di costo del non-investimento. Si tratta di un approccio mentale del tutto diverso: la domanda che il decisore incomincia a porsi è "quanto mi costa il non investire ?", valutando quanto può perdere in tempo, ritardo nell'assunzione di decisioni strategiche, riduzione dei vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti. 

La seconda idea che si va diffondendo è che la gestione strategica ed efficiente dell'informazione porti a vantaggi consistenti e visibili. In tutte le interviste condotte si è infatti rilevato la certezza, da parte dell'utente, che tempestività e capacità decisionale finiscono per incidere positivamente sul conto economico. 

Al successo di questa visione della BI si oppongono però alcuni ostacoli e pericoli. Il primo, enorme e capace di invalidare tutti i discorsi che abbiamo fatto, è che nelle aziende meno evolute del settore industriale, soprattuto quelle di media dimensione, esiste ancora un'arretratezza culturale molto forte. Le tecnologie sono considerate secondarie rispetto alle strategie, che spesso vengono elaborate senza il supporto di dati ed informazioni attendibili, mentre cosa ancora peggiore, i vari dipartimenti operano come silos isolati.

Il secondo ostacolo, anch'esso di natura intangibile e in parte legato al primo, è dato dal pericolo  di considerare la BI come un fattore tecnologico che si compra a scaffale: installo la soluzione e risolvo tutti i miei problemi. Questo concetto è errato perché la BI, per esprimere tutte le sue potenzialità, richiede di essere collocata all'interno di una revisione complessiva del modo di lavorare dell'impresa: processi interni che devono essere integrati tra loro, sistemi aziendali che deve essere integrato con i sistemi esterni delocalizzati (consociate, co-designers, fornitori, canali di vendita). 

Questa coscienza da parte dell'utente deve manifestarsi nella capacità di selezionare l'offerta, scegliendo quella più adeguata al proprio modello di sviluppo. Ciò porta a un ulteriore pericolo, stavolta legato ai fornitori, che dovranno essere capaci di portare qualità sul mercato ed essere all'altezza di una domanda di cambiamento non più solo tecnologica. In altri termini i fornitori dovranno diventare partner dei clienti per il cambiamento e non più agire come chi, installata una soluzione, considera il proprio compito finito. Non è una sfida da poco e per chi non riuscisse a superarla potrebbe significare (come temuto dagli utenti) l'uscita dal mercato.

In conclusione, se è consentito estrapolare i risultati dell'indagine oltre l'area IT, il sistema Italia avrà possibilità di superare la crisi e competere con successo solo dall'unione di due eventi concatenati: 1) se il settore imprenditoriale riuscirà ad evolvere positivamente, cambiando ed accrescendo la cultura aziendale; 2) se l'offerta di innovazione (metodologie, tecnologie, formazione, ecc.) riuscirà ad agire come "vero" business partner per il cambiamento.

Oscar Pallme 

*   www.pallme.com