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Dirigenti
a tempo per riaccendere l'azienda dopo una situazione di crisi o traghettarla
verso l'innovazione. In inglese si chiamano temporary manager (T-Manager), ma in
Italia non hanno ancora fatto molta fortuna. Sono infatti circa 20 anni che si
parla di questa attività senza che abbia mai realmente preso piede, se non
alternandola o conciliandola con il più tradizionale mestiere di consulente. I
T-Manager sono professionisti (ex dirigenti o ex consulenti) impegnati su
progetti con una durata in media da uno a tre anni. Intervengono nell'azienda
cliente per risolvere situazioni di crisi oppure gestire fasi di cambiamento.
Oltre ad una buona dose di imprenditorialità su se stessi servono flessibilità
ed eccelenti doti di analisi, poiché al T-Manager è chiesto di analizzare il
problema dell'azienda e trovare la soluzione da applicare. "In realtà, si
può parlare di T-Manager solo in presenza di progetti in cui sono definiti in
anticipo non solo gli obiettivi e la durata, ma anche i costi e soprattuto le
deleghe operative", ha spiegato a Itali@Oggi.it Oscar Pallme,
vicepresidente di Atema, l'associazione per il temporary management. "È la procura ufficiale con cui il T-Manager viene
delegato a operare in nome e per conto dell'azienda che fa la differenza
rispetto a una consulenza".
Mercato
europeo
Comparso per la prima volta in Gran Bretagna verso la metà degli anni 80,
quando la crisi Ict costrinse IBM a ridurre il personale, il T-Manager è stato
importato dagli Usa pensando così di poter riciclare i funzionari IBM in
eccesso.
Dall'Inghilterra poi la moda è passata in altri paesi. Il più ricettivo è
stato il Benelux, i mercati più piccoli sono la Francia e l'Italia.
Il bacino italiano non è ancora sufficientemente sviluppato
"poiché il mondo imprenditoriale italiano non è ancora pronto a queste
novità", ha sottolineato Pallme. E' difficile
quantificare il numero dei T-Manger che più essere intorno a 400. In Italia
operano alcune società di Temporary Mangement, mentre le soc.di executive
search lo fanno su base saltuaria se qualche loro cliente lo richiede.
Un settore ricco di opportunità è l'Ict anche nelle piccole e medie imprese,
poiché si lavora prevalentemente su progetti di CRM, customer relation
management, e di ERP, entreprise resource planning da avviare. Quando il
professionista entra in azienda prende sotto di sè l'area It per tutta la
durata del progetto e in alcuni casi si occupa di reimpostarne i processi. Al
termine della missione, nomina una persona che continuerà a condurre la strada
intrapresa.e.
Temporary
Manager e consulente
Meglio un TM o il vecchio consulente esterno? "Non sono due figure
alternative", ha sottolineato Pallme, "sono semplicemente due mestieri
diversi: il T-Manager richiede ancora più imprenditorialità e flessibilità a
muoversi. Spesso l'intervento del T-Manager segue quello di un consulente che ha
individuato una serie di attività da intraprendere per raggiungere l'obiettivo:
in questo caso il T-Manager è colui che realizza quanto suggerito dal
consulente". Di certo l'azienda non sceglie il T-Manager per risparmiare,
il costo medio infatti è circa il 30% più alto di un manager a tempo
indeterminato con le stesse funzioni.
Le
esperienze di due T-Manager ICT
1) Manca la giusta cultura
Ha iniziato a lavorare come T-Manager nel 1987 e probabilmente è
stato uno dei primi in Italia a sperimentare questa formula. Danile Marturano,
ex responsabile dei sistemi informativi di Milano, ha raccontato: "Quando
sono uscito dal gruppo Pirelli volevo lanciarmi nella consulenza e in quello
stesso periodo ho elaborato una proposta, poi accettata, di un contratto a tempo
nella direzione dei sistemi informativi in un primario mobilificio del
Veneto" Due anni e mezzo di lavoro per riorganizzare il sistema informativo
della rete vendita per l'acquisizione ordini: un impegno di due, tre giorni alla
settimana combinato ad altre consulenze. "E' stata un'esperienza
estremamente positiva", ha spiegato Marturano, "infatti ho maturato la
decisione di abbandonare poi il TM per motivi diversi dal lavoro in sé.
All'epoca comunque non l'avrei chiamato TM, bensì solo direzione dei sistemi
informativi a tempo. Allora nasceva dall'esigenza delle PMI di trovare persone
che garantissero l'impostazione dei sistemi informativi senza assumere una
persona a tempo pieno e indeterminato, che non potevano permettersi. Oggi ,
invece, il T-Manager ha una funzione più allargata: innanzitutto può lavorare
a tempo pieno in azienda e, per esempio, per avviare il salto di qualità
nell'utilizzo delle nuove tecnologie e di Internet, fino a sostituire un vecchio
direttore dei sistemi informativi". Molto forti comunque gli ostacoli alla
sua diffusione: "Il problema più grande è una cultura aziendale
consolidata ostile alla sostituzione del management interno".
2)
Il T-Manager rimane un esterno
Ha lavorato sia come consulente sia come T-Manager, ma la tempo
stesso ha cresciuto i suoi due ragazzi. Annamaria Felici è una signora di 55
anni originaria di Milano che di mestiere fa la project manager ed è
responsabile della gestione integrata di progetti in ambito informatico ed
organizzazione: vive tra il capoluogo lombardo e Roma, dove attualmente lavora.
Anche lei ha un passato da T-Manager, quando alla fine degli anni '90 un'azienda
di beni di largo consumo l'ha contattata per traghettare la società al
passaggio all'euro. L'impegno è stato un anno e sei mesi. Annamaria Felici
racconta: "Ho assunto il ruolo e l'ho portato avanti finchè ho lasciato
tutto in mano ad una persona interna all'azienda che ho formato
personalmente". Sul compito del T-Manager Felici non ha dubbi: "Per
l'azienda il T-Manager rimane comunque una persona esterna e, allo stesso tempo,
per uno che di mestiere fa anche il consulente diventare un dipendcente è
mentalmente strano". Si tratta insomma di una scelta di vita: "Non si
fa per soldi, ma se si sceglie di fare il venditore di se stessi bisogna mettere
in conto anche di stare a spasso per un pò, di dover continuamente
investire in conoscenza e frequentare le associazioni".
Le qualità necessarie per affrontare questo mestiere?: "Serve una
mente aperta e competenze di base tali da affrontare qualsiasi attività.
Inoltre, bisogna riuscire a captare subito quello che l'azienda vuole ad te e
rimanere sempre onesti".
Chiara Cinti
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