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(Source/Fonte: http://www.napoliontheroad.it/pauracinema.htm)
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Una grande kermesse di cinema nazionale ed internazionale, promossa a Napoli (dal 13 al 15 luglio) dalla Telecom “Progetto Italia” nell’ambito del Viaggio Telecom 2006 e patrocinata da Regione, Provincia e Comune. Dal PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) di via dei Mille al Palazzo Reale passando per il Cinema Filangieri sono state organizzate proiezioni, mostre, workshop e cineforum con tanti protagonisti del cinema (Dean Tavoulairs, Aurore Clement, Lucia Bosè) e della critica (Vincenzo Mollica, Valerio Caprara). Evento clou la riapertura - con la proiezione per tre giorni di film classici napoletani - del Salone Margherita, la prima storica sala cinematografica italiana, inaugurata nel lontano 1896, nella cornice della Galleria Umberto I. Come ha affermato con orgoglio il governatore della regione, Antonio Bassolino, presentando il programma degli eventi, «Napoli ha un’indiscutibile vocazione di capitale del cinema. È capitale in senso storico, perché qui e a Torino sono stati prodotti i primi film italiani. E lo è oggi per la presenza di registi come Sorrentino, Capuano, Martone, Corsicato». Benemerita iniziativa, dunque; ma non è la prima a sottolineare la centralità di Napoli nel mondo del cinema italiano: c’è un importante precedente che è opportuno rievocare. Nel 1960 l’Associazione napoletana della stampa, presieduta da un esperto di musica e di spettacolo come Adriano Falvo, organizzò una manifestazione intitolata Quando il cinema si chiamava Napoli, con la collaborazione del Centro sperimentale di Cinematografia di Roma, dell’Associazione Autori Cinematografica (ANAC), del Museo del Cinema di Torino, della Cineteca Italiana (Archivio Storico del Film e Museo del Cinema) di Milano, dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche e Affini (ANICA), dell’Associazione Industrie dello Spettacolo (AGIS), del Centro Italiano per lo Studio della Comunicazione di Massa dell’Università di Perugia. Si rievocavano i 60 anni di cinema a Napoli e si tenne nella Sala d’Ercole di Palazzo Reale una mostra di rilievo, sotto l’egida di un comitato promotore composto da qualificati giornalisti e critici cinematografici. Nei piani del comitato la manifestazione sarebbe dovuta divenire un appuntamento annuale, «costituendo l’occasione di un incontro tra cinema e cultura in una città in cui l’arte cinematografica ebbe, in Italia, i primi assertori e difensori», ma, come spesso accade a Napoli, tutto finì lì e non si ebbe l’auspicato seguito che avrebbe creato altre occasioni di incontri culturali nella nostra città. La mostra di documentazione ricostruiva l’attività della cinematografia napoletana (che allora coincideva in massima parte con quella italiana) fino alla crisi del primo dopoguerra, quando il sogno di fare di Napoli una Hollywood italiana svanì. Ben 880 pezzi tra attrezzature tecniche, locandine originali, foto di scena, articoli di giornale e opuscoli pubblicitari avevano lo scopo di riproporre l’avventura napoletana del cinema e tentare di risvegliare le coscienze anche attraverso un convegno sulle “Prospettive del Cinema a Napoli” che si tenne in parallelo all’esposizione e al quale parteciparono autori cinematografici, produttori, registi, attrici e attori «che incoraggiarono ed incoraggiano gli sviluppi del Cinema nella nostra città». Sempre nell’ambito dell’evento, le autorità cittadine posero la lapide commemorativa in via Cimarosa al Vomero nel luogo in cui, «con sicuro intuito dell’avvenire del cinema», Gustavo Lombardo fondò nel 1905 la prima casa cinematografica napoletana, la “Lombardo film”. Nel 1928 questa si trasferì a Roma e divenne la “Titanus”, una delle più note case cinematografiche italiane: Napoli perse il suo «privilegio di priorità nella grande industria cinematografica», per non recuperarlo mai più. A conclusione della mostra, al Cinema Santa Lucia fu ospitata una serata di gala in cui venne proiettata un’Antologia del cinema napoletano, preparata dal critico cinematografo de Il Mattino, Vittorio Ricciuti, e composta di “pezzi” particolarmente significativi della migliore produzione realizzata a Napoli o ispirata a Napoli. Si tenne anche l’anteprima mondiale del film di Mario Monicelli, Risate di gioia con Anna Magnani, Totò e Ben Gazzara. Ho avuto la possibilità di ricostruire quella eccezionale manifestazione grazie alla documentazione fornitami da uno dei pochi membri superstiti di quel comitato organizzatore, il giornalista e scrittore Renato Caserta, ancora oggi attivo nell’ambito della difesa di una cultura napoletana anche cinematografica. Tra l’altro, Caserta ricorda la serata al Santa Lucia con la premiazione di esponenti del mondo cinematografico: tra i presenti vi era anche Totò. Il principe De Curtis, allora sessantaduenne, aveva avuto un lieve miglioramento dell’incipiente cecità che lo aveva colpito d’improvviso nel 1957. Quando uno degli organizzatori della serata lo accompagnò sul palco, egli cercò di nascondere al pubblico la sua quasi totale incapacità di vedere. Sembra quasi la metafora della cinematografia napoletana avviata sui viali del tramonto verso un finale in sordina. Ma iniziative come quella del 1960 e come quella tenuta ora nella Napoli del 2006 hanno il merito di sottolineare il valore di una tradizione che proprio a Napoli mosse i primi passi e che ha dato vita a un cinema italiano il cui valore è riconosciuto ovunque ma la cui origine partenopea viene troppo spesso dimenticata. Roberto Paura
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